I versamenti dei soci nelle società di capitali: versamenti in conto capitale o finanziamenti rimborsabili?
I soci delle società di capitali possono decidere di versare una parte dei propri risparmi nelle casse sociali, per fornire alla società di cui detengono una partecipazione, la disponibilità di ulteriori risorse finanziarie, utili nello svolgimento dell’attività. In questo periodo, in particolare, i soci possono essere incentivati ad investire nuovamente nella società, considerando sia i bassi rendimenti che si otterrebbero impiegando il denaro in investimenti c.d. free-risk (bot, cct, ecc.), sia le difficoltà che si registrano nell’ottenere credito bancario, sia l’attuale volatilità del mercato azionario.
Il tema che voglio affrontare non concerne la valutazione dell’opportunità o meno, per i soci, di effettuare versamenti a sostegno della posizione finanziaria della società. Ciò che intendo analizzare è invece il riflesso contabile che inevitabilmente si lega alle operazioni in parola, pensando anche alla diversa natura delle operazioni che i soci possono portare a termine. Ritengo sia utile, seppur sinteticamente, affrontare questa tematica perché nella prassi non è raro trovare un errato trattamento nonché un errato funzionamento dei versamenti in questione, con conseguenze non del tutto irrilevanti, alcune volte anche a livello fiscale.
Le tipologie di finanziamenti che possono erogare i soci sono essenzialmente due:
1) versamenti in conto capitale;
2) finanziamenti rimborsabili.
A queste tipologie si aggiunge la possibilità di emettere prestiti obbligazionari (cosa non concessa “liberamente” nella s.r.l. perché si tratta di una forma di finanziamento rivolta solo ad investitori professionali – art. 2483 c.c.) ma ciò che più mi interessa è la netta distinzione fra le due categorie sopra elencate.
1) Per quanto riguarda la prima categoria, si tratta di somme di denaro che i soci decidono di versare nelle casse della società con un determinato scopo: versamenti in conto aumento capitale, versamenti in conto futuro aumento capitale, versamenti a copertura perdite, sono i più frequenti. Questi apporti di denaro hanno uno scopo ben preciso e puntano sostanzialmente a rafforzare o comunque a migliorare (ad esempio nel caso di copertura di perdite pregresse) il saldo del patrimonio netto della società, garantendo maggiori garanzie ai terzi creditori. Si tratta quindi di ciò che alcuni amano definire “poste di quasi capitale” perché non sono somme che aumentano direttamente il capitale sociale ma che, indirettamente, migliorano comunque il netto di bilancio, puntando, in alcuni casi, ad arrivare all’aumento effettivo del capitale sociale. La giurispuredenza (Cass. Civ. 31/03/2006, n. 7692) correttamente considera i versamenti in conto capitale come apporti con natura di capitale di rischio, disconoscendo la possibilità di assimilarli a contratti di mutuo (cosa che, al contrario, qualifica i finanziamenti soci rimborsabili).
A livello di classificazione, i versamenti in discussione sono ovviamente contabilizzati nel patrimonio netto come riserve di capitale e iscrivibili, secondo lo schema civilistico dell’art. 2424 c.c., fra le “altre riserve” con distinta indicazione (maggiori dettagli sulla corretta contabilizzazione delle voci in commento si ritrova nel Principio contabile n. 28). La nota integrativa dovrà poi dare le dovute informazioni circa l’operazione che i soci hanno inteso porre in essere. Questa classificazione rende evidente uno dei principali vantaggi dell’operazione: il patrimonio netto migliora per cui l’equilibrio mezzi di terzi / mezzi propri, nel passivo di bilancio, ne trae immediato beneficio.
Ciò che caratterizza i versamenti in conto capitale è l’assenza dell’obbligo di restituzione: le somme che i soci corrispondono non sono infatti assimilabili ad un finanziamento vero e proprio perché, come detto, la natura di tali apporti è di capitale e non di finanziamento. Per il funzionamento e quindi la disponibilità dei versamenti con natura di capitale è necessario fornire informazioni dettagliate o nel verbale di assemblea soci che dà il via libera all’operazione, ovvero anche e direttamente nello statuto sociale (atto costitutivo per le s.r.l.).
Il problema fondamentale che caratterizza i versamenti in conto capitale è legato alla possibilità o meno di poter restituire ai soci quanto versato e, qualora ciò fosse ritenuto possibile, entra in gioco il comma 1 dell’art. 47 Tuir con conseguenze che spesso non sono tenute in debito conto.
Secondo l’orientamento che mi sento di condividere, i versamenti in conto capitale, non essendo assimilabili a contratti di mutuo e quindi a finanziamenti rimborsabili, non hanno natura di credito per i soci nei confronti della società. Diventa perciò possibile la restituzione solo in occasione dello scioglimento della società, con il limite dell’eventuale residuo attivo determinato nel bilancio finale di liquidazione, ovvero per il tramite di un’assemblea straordinaria.
Coloro i quali considerano i versamenti in parola come erogazioni ripetibili ai soci, a loro discrezione, commettono un errore che può costare caro non solo dal punto di vista civilistico per i danni eventualmente arrecati ai terzi creditori, ma anche fiscale giacché il comma 1 dell’art. 47 Tuir introduce la presunzione assoluta che prevede la prioritaria distribuzione (con conseguente tassazione) delle riserve di utili, indipendentemente da ciò che delibera l’assemblea. Per cui, un versamento in conto capitale effettuato genericamente senza attribuire uno scopo preciso, restituito in un secondo momento ai soci, subirà la tassazione in capo al socio qualora siano presenti nel patrimonio netto anche riserve di utili. Spesso la tassazione, in questi casi, non viene applicata ma in caso di verifica dell’Agenzia delle Entrate, quelle somme di denaro restituite ai soci, a prescindere dal contenuto della delibera assembleare, saranno tassate.
Concludendo la trattazione dei versamenti in conto capitale, credo sia fondamentale disciplinare bene il funzionamento di tali versamenti già nello statuto, per poi ricordare e semmai meglio specificare il tutto nel verbale di assemblea che delibera il versamento stesso. In tema di futura restituzione, ferma restando l’implicazione fiscale, credo che soltanto un versamento generico possa forse trovare una scusabile motivazione che permetta la ripetizione ai soci, tuttavia sono perplesso nello scrivere ciò perché se il socio intende mantenere la possibilità di riavere quanto erogato, dovrà semplicemente cambiare strumento e anziché scegliere di effettuare un versamento in conto capitale, erogherà un finanziamento puro e semplice, anche infruttifero. Esiste infatti a mio parere un solo caso che consente limpidamente la restituzione: se viene meno la causa che ha determinato il versamento (ad esempio non si fa l’aumento originariamente previsto del capitale sociale) ecco che diventa abbastanza logico prevedere la restituzione ai soci del capitale corrisposto, anche se all’applicazione dell’art. 47 Tuir non si potrebbe comunque sfuggire.
2) I finanziamenti rimborsabili sono, al contrario dei versamenti in conto capitale, veri e propri crediti che i soci vantano nei confronti della società a fronte della corresponsione di una determinata somma di denaro. L’operazione si configura un contratto di mutuo e quindi come un normale rapporto di credito/debito: la società dovrà pertanto classificare i versamenti in questione nell’aggregato D) del passivo dello stato patrimoniale, punto n. 3) Debiti verso soci per finanziamenti. Occorre precisare che non tutti i soci possono effettuare finanziamenti ma soltanto coloro i quali hanno una partecipazione almeno del 2% del capitale sociale e che risultano essere soci da almeno 3 mesi.
Questa particolare tipologia di finanziamento trova un’ulteriore e peculiare disciplina all’interno del codice civile, nell’articolato dedicato alla s.r.l.: l’art. 2467, rubricato “Finanziamenti dei soci” prevede al primo comma che
Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.“.
Il secondo comma specifica che
“Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento“.
La postergazione di finanziamenti soci è stata introdotta dalla riforma del diritto societario del 2003 e trova giustificazione nella volontà di tutelare maggiormente i terzi creditori della società, soprattutto nei momenti di “particolare squilibrio” finanziario. Nella parte del codice dedicata alla s.p.a. non è presente un analogo articolo e non si trova nemmeno un richiamo al 2467, tuttavia si ritiene che quanto da esso prescritto sia estensibile anche nell’ambito delle società per azioni.
I finanziamenti veri e propri, come detto classificati fra i debiti nel passivo di bilancio, possono essere fruttiferi o infruttiferi (in questo secondo la scelta deve essere espressa per vincere la presunzione fiscale di fruttuosità) e, se contratti mediante un accordo scritto fra le parti, determinano l’imponibilità ai fini dell’imposta di registro, dovuta nella misura proporzionale del 3%. Nella prassi è però diffuso l’utilizzo di un semplice scambio di corrispondenza fra le parti in modo tale da non avere mai un atto scritto con le firme contemporanee di entrambe le parti, cosa che determinerebbe la stipula di un vero e proprio contratto scritto di mutuo con la necessità di versare l’imposta di registro del 3%. Tralascio volutamente, per non andare troppo fuori tema, la trattazione tributaria degli interessi eventualmente corrisposti dalla società ai soci nel caso di finanziamento fruttifero.
Come nel caso dei versamenti in conto capitale, è importante, nonché necessario, che lo statuto preveda la possibilità per la società di ricevere finanziamenti: è bene dedicare un articolo su questo tema in modo tale da prevedere bene il funzionamento dei prestiti effettuati dai soci, anche in termini di fruttuosità o meno di quanto versato.
Il finanziamento, come si è visto, ha un trattamento contabile differente ma diverge fortemente anche nella sostanza, soprattutto se si pensa alle facoltà di restituzione ai soci del versato. Le problematiche che ho accennato in questo articolo devono essere sempre oggetto di attenta riflessione nel momento in cui si esprime la necessita di apportare capitale nella società da parte dei soci. Occorre stare molto attenti a non confondere le due differenti categorie qui rappresentate in modo tale da scegliere coscientemente l’opzione che concilia al meglio gli interessi della società e quelli dei soci finanziatori.
E’ stata una spiegazione esaustiva. Difficilmente riesco a chiarirmi le idee leggendo relazioni così chiare sugli argomenti di mio interesse. Ringrazio e mi complimento.
Concordo con Cristina, relazione ricca di spunti per una corretta applicabilita’ immediata
Ringrazio
Esposizione chiara senza rinunciare ai contenuti tecnici
Gent. Dott. Michelini grazie di cuore per questo magnifico sito!
In merito all’articolo avrei una piccola curiosita’. Supponiamo di avere due societa’ di capitali l’una che procede con versamento in conto capitale sulla seconda, ovvero una societa’ che crea liquidita’ ed una seconda che capitalizza. Supponiamo che in un solo trimestre la prima societa’ incassa 100 e spende 50. Utile lordo 50. Questo 50 lo utilizza totalmente come versamento socio nella seconda societa’.
Cosa risulterebbe in termini di bilancio nelle due societa’?
Cosa avviene a livello tassazione e di iva?
Saluti,
Alessandro
Buongiorno Alessandro, la ringrazio.
In merito alla domanda che espone: se il versamento viene fatto in conto capitale sarà contabilmente rilevato nel Patrimonio Netto della beneficiaria e in incremento della partecipazione per il socio che eroga.
Ai fini IVA non è prevista alcuna tassazione (fra l’altro non rileverebbe neppure in caso di finanziamento fruttifero, dovendo applicare l’esenzione di cui all’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 633/1972).
Gentile Dott. Michelini,
A fronte di un versamento in conto capitale il socio che eroga vede la sua partecipazione aumentata come se si trattasse di un “normale” aumento di capitale ? E’ possibile intervenire in qualche maniera per gestire qualcosa di equivalente ad un sovrapprezzo ?
Un versamento in conto capitale non va confuso con un’operazione direttamente effettuata sul capitale sociale come un incremento dello stesso che può anche determinare un aumento della quota di partecipazione di un socio. E il sovrapprezzo è cosa altrettanto diversa rispetto ad un versamento del socio.
Buonasera Dr. Michelini.
Mi complimento con Lei per la chiarezza espositiva dei concetti che sottendono grande preparazione.
Grazie e spero di poter ottenere da Lei ulteriori chiarimenti in futuro.
Enzo
Dr. Michelini. La ringrazio per aver pubblicato un articolo su questo argomento in maniera chiara e comprensibile ma allo stesso tempo completo.
E’ riuscito, in poche righe a rendere l’idea dell’argomento.
Grazie
Gianluca
Ma Il comma 5 non dispone che non costituiscono utili le somme ricevute dai soci a titoli di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con versamenti fatti dai soci in conto capitale” ?
Potrebbe chiarirmi la differenza con quanto da Lei asserito ? Grazie
Sì, il comma 5 dell’art. 47 Tuir chiarisce cosa non è considerato utile.
Il problema è che il riferimento, per quanto scritto nell’articolo, è al comma 1 che prevede un meccanismo di priorità fiscale rispetto a quanto deliberato.
Pertanto è evidente che una eventuale restituzione ai soci di riserve di capitale, come ad esempio una riserva in conto futuro aumento di capitale, non è mai considerata “utile” (comma 5), tuttavia se vi sono utili, riserve di utili o altre voci non indicate al comma 5, si considerano prioritariamente distribuite queste ultime e non i versamenti fatti in conto futuro aumento di capitale, indipendentemente dalla delibera assembleare.
EGREGIO DOTTORE,
SONO SOCIO DI UNA SRL E PER IL 30 PV HO UNA ASSEMBLEA CHE HA COME OGGETTO,FRA L’ALTRO,FINANZIAMENTO SOCI COME PRESTITO .
LA DOMANDA E’ LA SEGUENTE
IL SOCIO PUO’ RIFIUTARSI DI ESEGUIRE IL VERSAMENTO??
IN MANCANZA DEL VERSAMENTO RISCHIA DI VEDERSI DIMINUITA LA QUOTA DI PARTECIPAZIONE???
CORDIALI SALUTI
Il socio non può essere obbligato a effettuare finanziamenti. Non vi possono inoltre essere conseguenze in riferimento alla quota di partecipazione nel Capitale Sociale della Società.
Il nuovo Principio contabile OIC 28, applicabile dall’esercizio 2014, specifica che i versamenti in conto capitale vanno iscritti nel Patrimonio netto solo se non restituibili, chiarendo la distinzione con i Finanziamenti soci da rilevarsi invece fra i Debiti in quanto oggetto di possibile restituzione, indipendentemente dalla fruttuosità o meno del finanziamento.
Buongiorno,
L’argomento è trattato in modo molto chiaro ma mi lascia un dubbio.
Una società ha ricevuto un finanziamento soci ed ha riserve di utili. Non mi pare esista una priorità fiscale di distribuzione di utili rispetto al rimborso del finanziamento. Quindi la società può rimborsare il prestito prima del pagamento degli utili?
Il debito verso soci per finanziamenti ricevuti e le relative restituzioni, non rientrano nell’ambito della norma fiscale che disciplina le distribuzioni prioritare di utili.
Segnalo questo interessante articolo: https://www.eutekne.it/Servizi/EutekneInfo/Recensione.aspx?ID=818279
La Cassazione, nell’ordinanza n. 24093/2023, ha affermato che per versamenti in conto futuro aumento di capitale devono intendersi quelle dazioni di danaro dei soci a favore della società che non siano definitivamente acquisite al patrimonio sociale, avendo uno specifico vincolo di destinazione; con la conseguenza che, ove l’aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato – per essere venuta meno la causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale da lui eseguita in favore della società – quale ripetizione dell’indebito. Per qualificare la dazione come versamento in conto futuro aumento di capitale, l’interprete deve verificare che la volontà delle parti di subordinare il versamento all’aumento di capitale risulti in modo chiaro e inequivoco, utiliz…
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