Parziale deducibilità IRAP: i chiarimenti dell’AdE
Il D.L. 185/2008 ha introdotto nell’ordinamento tributario una norma che prevede la parziale deducibilità dell’IRAP dalle imposte sul reddito (IRES e IRPEF), quantificata, in estrema sintesi, forfetariamente nella misura del 10% dell’IRAP pagata nell’anno d’imposta. Subito dopo l’introduzione di questa novità, sono sorti molti dubbi di interpretazione visto il tenore letterale del testo normativo, tutt’altro che semplice e chiaro. Senza addentrarmi analiticamente nella questione, ormai nota a tutti i professionisti viste le numerose pubblicazioni che si sono viste negli ultimi mesi sul tema in parola, voglio sottolineare la recente presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate che, nella Circolare 16/E del 14/04/2009, dà utili indicazioni soprattutto su due questioni.
Innanzi tutto c’erano diversi dubbi sul collegamento che la norma introduce fra il 10% forfetariamente deducibile e la presenza di costi del personale e/o interessi passivi. In sostanza, il legislatore ha inteso rendere deducibile l’IRAP relativa a costi del personale e interessi passivi, quantificando in via forfetaria il relativo importo applicando la percentuale fissa del 10%. Ciò che non si capisce è se i costi prima citati debbano o meno essere presenti per forza nel conto economico del contribuente, magari ponendo come limite della deduzione l’effettivo 10% di IRAP calcolato su quelle componenti di costo. L’AdE interpreta così la norma (pag. 6):
La deduzione forfetaria, pari al 10 per cento dell’IRAP versata, può essere fatta valere in sede di determinazione del reddito a condizione che alla formazione del valore della produzione imponibile abbiano concorso spese per lavoro dipendente oppure interessi passivi non ammessi in deduzione nella determinazione della base imponibile Irap.
La deduzione spetta alla predetta condizione e prescinde, dunque, dall’ammontare complessivamente sostenuto per oneri del personale o interessi passivi. Resta inteso che il sostenimento dei costi relativi al personale dipendente o agli interessi passivi deve rispondere a criteri di inerenza, ragionevolezza ed economicità e risultare coerente con gli obiettivi di politica aziendale perseguiti.
In relazione, in particolare, ad operazioni che abbiano dato luogo ad interessi passivi saranno attivati opportuni controlli al fine di verificarne le valide ragioni economiche e l’inerenza all’attività esercitata.
Inoltre, per i soggetti obbligati alla redazione del bilancio di esercizio i medesimi costi devono essere individuati secondo corretti principi contabili.
La Circolare 16/E prevede quindi la necessità della presenza di spese per il personale e/o interessi passivi, indipendentemente dal loro importo. Ecco allora che un contribuente senza dipendenti e senza finanziamenti non potrà in nessun modo dedurre l’IRAP dalla base imponibile IRES o IRPEF.
Un’altra questione rilevante concerne il metodo di determinazione del 10% dell’IRAP pagata nell’anno. Come noto, nel corso di un anno vengono corrisposti: saldo anno precedente, primo e secondo acconto anno in corso. Se per il saldo non vi sono particolari problemi, nel caso degli acconti il dubbio interpretativo che poteva emergere riguardava il caso, tutt’altro che infrequente di questi tempi, di acconti versati superiori al debito effettivamente determinato con la dichiarazione IRAP predisposta entro giugno dell’anno dopo. L’AdE afferma che:
A tal riguardo, si precisa che per effetto del richiamo operato dalla norma all’articolo 99 del Tuir, l’imposta regionale rilevante per il calcolo della deduzione (anche per gli esercenti e professioni) è quella versata nel periodo di imposta di riferimento a titolo di saldo del periodo di imposta precedente e di acconto di quello successivo, nei limiti, per quanto concerne l’acconto, dell’imposta effettivamente dovuta per il medesimo periodo di imposta.
Gli acconti versati devono pertanto essere confrontati con il debito effettivamente liquidato in sede di dichiarazione IRAP, utilizzando per il calcolo dell’IRAP pagata l’importo minore.
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